LO SAI CHE...?!?

«I figli non sono figli tuoi, sono i figli e le figlie della vita stessa».

Sono molte oggi le tipologie di genitorialità, che mutano con il cambiare della società: adottive, affidatarie, monoparentali, con genitori dello stesso sesso o realizzate tramite fecondazione eterologa. Tutte genitorialità sganciate dal filo biologico ma accomunate dal desiderio di accogliere una vita all’interno di una relazione d’amore.  

Il tema dell’appartenenza si colora così di nuove sfumature e tonalità affettive, laddove la costruzione del legame adottivo si concretizza non solo nella cura di un bambino come figlio proprio ma r anche come impegno che oltrepassa i confini del proprio gruppo familiare e diventa, nell’adozione internazionale, il prendersi cura di un membro appartenente a un’altra cultura e spesso anche ad un’altra etnia (Sabini, Cigoli, 2000). Ciò si traduce in un lungo processo che non si esaurisce nel giorno del primo incontro con il bambino, ma ingloba in sé una complessa transizione psicologica, sociale e giuridica.

Non è semplice districarsi all’interno della normativa, nazionale ed internazionale, in tema di adozione; senza alcuna pretesa di esaustività si intende passare in rassegna, brevemente, requisiti e procedura per entrambe le tipologie previste nel nostro ordinamento ovvero adozione nazionale ed adozione internazionale.

Una coppia che si affaccia all’idea di aprirsi all’adozione deve necessariamente affrontare un percorso, non sempre semplice, che spinge anche ad una profonda analisi e conoscenza rispetto al tema, più generale dell’accoglienza.

Per accedere ad entrambe le procedure (nazionale ed internazionale) il punto di partenza è il medesimo: la coppia deve presentare domanda al Tribunale per i Minorenni; pur se la modulistica è identica vanno presentate entrambe le domande.

I requisiti per l'adozione internazionale sono gli stessi previsti per l'adozione nazionale, e sono previsti dall'art. 6 della legge 184/83 (come modificata dalla legge 149/2001): l'adozione è consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni, o per un numero inferiore di anni se i coniugi abbiano convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per un periodo di tre anni, e ciò sia accertato dal tribunale per i minorenni; tra i coniugi non deve sussistere e non deve avere avuto luogo negli ultimi tre anni separazione personale neppure di fatto; l'età degli adottanti deve superare di almeno diciotto e di non più di quarantacinque anni l'età dell'adottando, con la possibilità di deroga in caso di danno grave per il minore. Non è preclusa l'adozione quando il limite massimo di età degli adottanti sia superato da uno solo di essi in misura non superiore a dieci anni.

Le persone residenti in Italia, che si trovano nelle condizioni prescritte dall'articolo 6 e che intendono adottare un minore straniero residente all'estero, presentano dichiarazione di disponibilità all'adozione internazionale chiedendo che il Tribunale per i minorenni dichiari la loro idoneità all'adozione. Le competenze in materia di adozioni internazionali, previste dalla Convenzione de L'Aja del 29 maggio 1993, ai sensi della Legge 31 dicembre 1998, n. 476, sono della Commissione per le adozioni internazionali.

In entrambi i casi il T.M. incarica il servizio sociale territorialmente competente di svolgere l’indagine sociale: si apre quindi una fase di incontri con l’assistente sociale e la psicologa di riferimento volta alla valutazione della coppia, del grado di maturità, consapevolezza e disponibilità offerta.

E’ bene precisare, infatti, che il punto di partenza alla base dell’adozione è quello dell’interesse esclusivo del bambino abbandonato e del suo diritto ad avere una famiglia: soddisfare il diritto di essere figlio non già quello di essere genitore.

Se si aderisce realmente a questa concezione dell’adozione il percorso diventa un’esperienza di vita unica ed irripetibile.

Al termine dell'indagine viene fatta una relazione e inviata al Tribunale per i Minorenni il quale, ricevuta la relazione, convoca i coniugi e può, se lo ritiene opportuno, disporre ulteriori approfondimenti. Al termine può essere rilasciato un decreto di idoneità ovvero un decreto attestante l'insussistenza dei requisiti all'adozione.

A questo punto le procedure prendono strade diverse: per l’adozione nazionale bisogna attendere una chiamata da parte del Tribunale per i Minorenni; nel caso dell’adozione internazionale, invece, la coppia dispone di un anno di tempo dal decreto per rivolgersi e conferire incarico ad uno degli enti autorizzati dalla Commissione per le adozioni internazionali che seguirà la coppia in tutta la complessa procedura fino ad arrivare all’abbinamento con il bambino ed al suo arrivo in Italia.

Nel caso dell’adozione internazionale, una volta che il bambino è entrato in Italia, e terminato eventualmente il periodo di affidamento preadottivo, la procedura si conclude con l'ordine, da parte del Tribunale per i Minorenni, di trascrizione del provvedimento di adozione nei registri dello stato civile.
Va detto, in conclusione, che i tempi per la procedura di adozione nazionale sono pressoché gli stessi di quella internazionale pur se in caso di adozione internazionale la coppia dovrà necessariamente sostenere dei costi, differenti anche in base al paese di destinazione individuato. Pronunciata l’adozione nazionale o internazionale, il minore diviene figlio a tutti gli effetti della coppia di coniugi.

Il viaggio attraverso la costruzione di un patto genitoriale adottivo richiede pertanto conoscenza e consapevolezza della strada giuridica da percorrere; una strada spesso tappezzata di attese e valutazioni, soste e riprese, in una progressiva accettazione delle differenze che il figlio adottivo porta con sé nel nuovo contesto familiare. Differenze di tradizioni, valori e visioni del mondo che non si annullano ma si trasformano in nuove appartenenze e reciproci doni: un dono di protezione e cura per il bambino che né e carente e un dono di generatività e continuità familiare per i genitori.

Il Centro Famiglie San Riccardo Pampuri che da un anno svolge le attività del “Centro Servizi per le Famiglie”, del Comune di Foggia, offre la possibilità di fornire tutte le informazioni necessarie a chi volesse intraprendere questo percorso e di esplorare l’universo della genitorialità adottiva attraverso consulenze legali che mirano a condividere un’iniziale mappa delle leggi, norme e tappe giuridiche da seguire nella sfida dell’azione: quella di fare di un bambino, geneticamente e spesso anche etnicamente diverso, un figlio proprio.

 

L’aumento della conflittualità all’interno delle famiglie nei casi di divorzio e separazione ha reso necessario allestire degli spazi specifici per salvaguardare le relazioni tra i figli e i genitori non affidatari, specie nelle separazioni giudiziali,  servizi per il diritto di visita e di relazioni ovvero gli spazi neutri.

Gli spazi neutri sono dei  luoghi attrezzati per sostenere e favorire il mantenimento della relazione tra il bambino e il genitore o adulti di riferimento per lui significativi in quelle vicende familiari in cui questo bisogno – diritto non è stato rispettato a causa di una separazione o di un divorzio altamente conflittuale della coppia, oppure a causa di particolari problemi dei genitori non affidatari (situazioni di malattia e disagio degli stessi). Il bambino è al centro della cura e dell’attenzione degli operatori nello specifico assistenti sociali e psicologi, abituati a cercare di tutelare il suo bisogno – diritto a ricostruire e a mantenere il senso e la continuità della propria storia e identità. Gli stessi operatori,  in questi spazi “neutrali” e protetti dove le famiglie possono incontrarsi, sono abituati a mediare i conflitti e ad aiutare i genitori a svolgere il proprio ruolo anche dopo la fine del rapporto di coppia. Le funzioni prevalenti dello spazio neutro sono l’osservazione, il sostegno e, se necessario, il controllo della relazione tra minore e adulto. I luoghi neutri permettono di riconoscere il diritto del minore, al mantenimento delle relazioni con i propri genitori  e con altre persone affettivamente significative. I minori diventano soggetti attivi, capaci di costruire il proprio destino che obbliga gli operatori a tenere in considerazione l’opinione degli stessi quando predispongono interventi che li riguardano. Anche i genitori hanno dei diritti intesi come responsabilità verso i figli, ovvero garantire ai bambini le condizioni di vite necessarie per lo sviluppo del bambino, poiché è ancora un soggetto vulnerabile ed immaturo.

Tale spazio è accessibile esclusivamente su decreto del Tribunale per i minorenni, ordinanza o decreto del Tribunale ordinario, ordinanza del giudice tutelare, segnalazione dei servizi sociali territoriali; di solito il magistrato predispone anche la durata e la cadenza periodica degli incontri.

Lo spazio neutro si rivolge: ai figli minorenni di genitori che attraversano fasi conflittuali, al punto di interrompere l’esercizio del diritto di visita da parte del genitore non affidatario; ai figli minorenni di genitori che hanno ricevuto dei provvedimenti che limitano i contatti tra essi a causa di gravi motivi (maltrattamenti, trascuratezza, violenze domestiche) ovvero a causa dell’inserimento comunitario dei figli, ai minori che non riescono ad avere una continuità nel rapporto con i nonni e/o gli zii a seguito di gravi conflitti tra i genitori ovvero tra nonni/zii e i genitori.

Al termine del percorso, gli adulti saranno pronti a svolgere in autonomia le visite al minore, senza mettere a rischio la serenità di tutti e in tutta sicurezza, avendo preso le distanze dai trascorsi conflitti che rendevano impossibile un rapporto sereno all’interno della famiglia.

 

L’ Italia è agli ultimi posti in Europa per durata del congedo di paternità. Sul primo gradino del podio Spagna e paesi scandinavi, che staccano anche i modelli tedesco e francese. Sotto la spinta della direttiva europea 2010/18/UE è stato introdotto in Italia nel 2012 il congedo obbligatorio parentale per i papà. Inizialmente era stato previsto un congedo di un solo giorno, ma negli anni è stato progressivamente allungato. Con la legge di bilancio 2021, i papà  possono essere presenti alla nascita del proprio figlio e magari restare a casa i primi giorni dopo la nascita non più solo 7 giorni ma 10 usufruendo proprio del congedo di paternità.  

Nel corso delle prime settimane di vita del bambino,  il padre ha il compito importante di favorire la costruzione di un legame positivo tra la madre e il piccolo, stando vicino alla propria compagna, facendosi carico di esigenze pratiche e di alleviarne la fatica e la stanchezza. Se tali aspetti sono di fondamentale rilevanza (soprattutto nel periodo immediatamente successivo al parto e nel favorire un buon avvio nell’allattamento e nell’accudimento del bambino), è altrettanto importante che il padre non si limita solo a proteggere il legame tra la madre e il bambino, ma diventa  parte attiva della nuova famiglia che si sta formando. In questo senso è utile che anche il papà abbia modo di costruire un suo personale e speciale legame con il piccolo, attraverso attività dedicate al bambino quali nutrirlo, fargli il bagnetto, cambiarlo, farlo addormentare. La creazione di questo legame e lo svolgimento di queste attività di cura, saranno facilitati se, fin dalla gestazione, la coppia si sarà abituata a condividere preoccupazioni, decisioni e dubbi attinenti alla genitorialità. In questo modo i genitori saranno in grado di sostenersi a vicenda, si sentiranno entrambi partecipi e competenti nell’accudimento del bambino, riducendo la probabilità di sviluppare vissuti di inadeguatezza o emozioni negative connesse al proprio ruolo genitoriale. Perché ciò avvenga è importante che entrambi i genitori abbiano la possibilità di sperimentarsi in un rapporto uno a uno con il piccolo, individuando le proprie modalità per prendersene cura e per consolarlo; una buona soluzione per raggiungere questo obiettivo è che entrambi abbiano occasione di trascorrere del tempo da soli con il bambino, in modo da sviluppare il proprio legame senza sentirsi giudicati e al contempo per consentire al partner di dedicare un po’ di tempo a sé stesso.

In alcune occasioni può accadere che l’arrivo di un bambino acuisca o generi contrasti di coppia o circoli viziosi negativi; questo avviene, in particolare, quando nella coppia c’è poca comunicazione e sono presenti aspettative diverse sulla gestione familiare e del piccolo (ad esempio, se la gestione del bambino è affidata esclusivamente alla madre, può accadere che la donna si senta affaticata e poco sostenuta e che, al contempo, il padre possa avere difficoltà nel costruire un proprio legame con il bambino, sviluppando la tendenza a estraniarsi dalle vicende familiari per evitare critiche o frustrazioni).
Quindi, l’importanza del congedo per il  papà di prendersi cura del proprio figlio mantenendo il posto di lavoro  ricevendo in busta paga il 100% dell’intera retribuzione è tanta . Il congedo obbligatorio è da fruire anche in via non continuativa, entro i cinque mesi di vita o dall’ingresso in famiglia o in Italia (in caso, rispettivamente, di adozione o affidamento nazionale o internazionale del bambino). Tra l’altro è possibile usufruire  dello stesso anche nel caso di morte perinatale del figlio. Ovviamente sono tenuti a presentare domanda all’INPS solamente i lavoratori per i quali il pagamento delle indennità è erogato direttamente dall’INPS stesso. Nel caso in cui invece le indennità siano anticipate dal datore di lavoro, i lavoratori devono comunicare in forma scritta al proprio datore di lavoro la fruizione del congedo di paternità, senza necessità di presentare domanda all’Istituto. In quest’ultimo caso, infatti, il datore di lavoro comunica all’INPS le giornate di congedo fruite, attraverso il flusso Uniemens.

 

Se desideri aiutare un piccolo in difficoltà che vive in una famiglia in cui ci sono particolari e gravi problemi, chiedi l’affido temporaneo.

Fai questa scelta in piena consapevolezza e verifica se tutti i componenti conviventi del tuo nucleo familiare sono d’accordo ad accoglierlo in affido.

Come vedi i requisiti non sono molto stringenti: non è necessario neanche essere sposati. Potete essere una coppia sposata, solo conviventi oppure puoi essere single.

Al contrario che per l’adozione non è necessario avere un partner per essere affidatario di un bambino. Quello che per le istituzioni conta è il tuo reale desiderio di aiutare un minore e farlo con la consapevolezza che non si tratta di un gioco, né tanto meno che saranno rose e fiori.

Puoi presentare la tua domanda presso i servizi sociali del tuo Comune. Qui potrai compilare un modulo e poi, al più presto possibile, i servizi sociali vorranno incontrarti (o incontrarvi se siete una coppia) per approfondire la conoscenza e capire se sei (siete) la persona/e giusta/e per ricevere un bambino in affido. Se hai già dei figli, anche costoro saranno coinvolti in questo percorso di conoscenza con i servizi sociali.

 L’affido può riguardare: neonati, bambini piccoli, adolescenti fino a 18 anni che hanno bisogno di una famiglia che provveda alle loro esigenze.

L’affido può essere:

- consensuale, quando la famiglia d’origine è d’ accordo; I genitori biologici quindi riconoscono di essere in una situazione particolarmente  problematica e non oppongono resistenza all’affido del loro figlio;

- giudiziale, quando i genitori non sono d’accordo, ma la gravità della situazione è tale che il giudice stabilisce obbligatoriamente che il bimbo venga affidato.

 Se i servizi sociali ti riterranno idoneo a ricevere un bambino in affido, avrai diritto a:

- un contributo economico mensile, a titolo di rimborso spese per il mantenimento del bambino;

- specifiche coperture assicurative;

- astensione obbligatoria e facoltativa, permessi e riposi dal lavoro, gli stessi che sono riconosciuti ai genitori biologici ;

- incontri formativi con assistenti sociali e psicologi durante tutto il percorso.

L’importo del sussidio economico non è unico. Ogni comune lo stabilisce con apposite delibere e viene erogato non automaticamente all’affido del bambino ma solo su apposita richiesta degli affidatari. Se quindi hai un bambino in affido, non hai automaticamente il contributo economico, ma devi fare apposita domanda al Comune. 

 

Non resta che realizzare questo desiderio!!!!!!!!

 

 

Il Coronavirus ha cambiato radicalmente la quotidianità di tutti. La mancanza di rapporti sociali ha causato situazioni di forte disagio, talvolta difficili da gestire. Ripartire, dopo il lockdown, è la sfida alla quale siamo tutti chiamati! La ripresa delle relazioni sociali è necessaria per gestire l’ansia, lo stress e le emozioni negative che stiamo vivendo in questo periodo. Anche il mondo dei nostri figli deve ripartire, soprattutto le attività educative di benessere e salute tra piscine e palestre dove svolgere diversi corsi sportivi, oppure lezioni di musica e di danza.

Le famiglie si ritrovano perciò a sostenere notevoli spese economiche per fronteggiare anche questi tipi di necessità. Allora, perché non usufruire degli aiuti forniti dal Governo che ha introdotto una serie di misure in favore delle famiglie italiane, tra cui l’assegno unico universale per i figli e potranno richiederlo tutte le famiglie con figli a carico dal 7° mese di gravidanza fino al compimento del 21° anno di età. L’assegno sarà corrisposto ogni mese a tutte quelle famiglie che ne fanno richiesta a seconda dell’ISEE  e riceveranno una somma fino ad un massimo di 250 euro a figlio, inoltre sarà maggiorato dal 30 al 50% per ciascun figlio disabile minorenne o maggiorenne con età inferiore a 21 anni.

Dal 1°primo Luglio 2021 partirà una prima fase transitoria in attesa che entrerà in vigore a gennaio 2022. Al momento è riservata a disoccupati e lavoratori autonomi che non accedono  agli assegni familiari e potranno usufruire dell’aiuto economico provvisoriamente solo per i figli minorenni.

L’assegno unico universale entrerà in vigore e sarà corrisposto a tutte le famiglie da Gennaio 2022 ed andrà a sostituire le altre forme di sostegno, come ad esempio il bonus bebè, bonus mamme, assegno di natalità ecc…

Per avere più informazioni e poterne fare richiesta bisognerà rivolgersi a CAF e Patronati.

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