La mediazione familiare è un percorso per la riorganizzazione delle relazioni familiari in vista o in seguito alla separazione o al divorzio, anche per le coppie di fatto con figli. In un contesto strutturato il mediatore, come terzo neutrale e con formazione specifica, sollecitato dalle parti, nella garanzia del segreto professionale e in autonomia dall’ambito giudiziario, si adopera affinché i mediandi elaborino in prima persona un programma di separazione che tenga conto dei bisogni di tutti i membri della famiglia, in primis i figli, una ristrutturazione delle dinamiche relazionali in cui poter esercitare la comune responsabilità genitoriale. Un viaggio nella relazione in grado di aiutare la coppia ad affrontare e ad elaborare la decisione di un cambiamento nella progettualità di vita, passando dalla coppia coniugale alla coppia genitoriale, consapevolezza fondamentale soprattutto quando la famiglia è caratterizzata da una compagine con figli, attraverso la promozione del      la cooperazione e abbandonando la competizione. Un percorso che si propone di trasformare il conflitto distruttivo in nuove risorse costruttive, contribuendo a promuovere una cultura della separazione come opportunità per nuovi progetti di vita, pur nella continuità e stabilità dell’adempimento delle funzioni genitoriali.

In ogni caso la separazione della coppia coniugale ha effetti destabilizzanti su tutti i membri della famiglia: mentre la coppia che si separa è alle prese con rancori, delusioni e conflitti, i figli sono spesso soli, a tentare di comprendere cosa sta accadendo, alcune volte attribuendosene impropriamente “la colpa”.

Le difficoltà dei figli sono date proprio dall’instabilità familiare e dall’alta conflittualità tra i  genitori. Gli effetti sui figli non sono una conseguenza diretta dell’evento separazione, ma un prodotto di un insieme di eventi, sociali, economici, legali, psicologici e relazionali che si protraggono nel tempo e che possono amplificare lo stress legato alla separazione.

Le indagini sull’influenza negativa sui figli hanno cercato di indagare se fosse la separazione in sé a creare difficoltà nei figli o se fosse il disaccordo tra i coniugi; tali indagini hanno mostrato che è il conflitto a determinare problemi emotivi e comportamentali nei figli.

L’incidenza di disturbi importanti e persistenti nei figli di separati è bassa, ma quando questo  accade si rileva sempre una problematica irrisolta a carico della coppia che si è “separata male”.

La fantasia di riconciliazione può persistere a lungo nei figli, nella misura  in cui i genitori non li hanno aiutati ad accettare la realtà. La capacità dei figli di adattarsi alla nuova situazione dipenderà dal grado di maturazione dei genitori e dalla loro capacità di collaborare.

L’attenzione prestata al tema del conflitto è orientata dal presupposto che sia il conflitto esistente tra i genitori prima, durante e dopo la separazione a determinare le conseguenze positive o negative della separazione sui figli, piuttosto che la separazione intesa come evento patogeno.

La separazione dei genitori rappresenta per il figlio un evento critico e non normativo, in   quanto comporta l’inevitabile trasformazione del rapporto con le figure di riferimento e, di conseguenza, la necessità di una rivisitazione delle immagini genitoriali e di una loro nuova collocazione nella relazione.

Il percorso di mediazione risulta efficace nella gestione del conflitto e nella trasformazione dello stesso in un’occasione di confronto, abbandonando lo scontro. Il mediatore familiare, un terzo neutrale che si pone in una posizione di equiprossimità, in assenza di pregiudizi e giudizi, funge da facilitatore della comunicazione tra i mediandi, divenendo metaforicamente un “ponte” di collegamento tra i medesimi attraverso la decodificazione dei linguaggi delle parti (verbale, non verbale e paraverbale), consentendo loro di aprire un “nuovo varco” alla comprensione reciproca, mettendo al centro della relazione l’interesse e il benessere dei figli, coinvolti loro malgrado, spesso  attivamente, nel conflitto genitoriale.

Risulta di tutta evidenza attuare un processo di consapevolezza nei mediandi che,  da coniugi in crisi fino al punto da voler interrompere la relazione, dovranno attivarsi in prima persona per creare un nuovo assetto relazionale che da coniugi-genitori, li trasformi in coppia genitoriale, coppia che non potrà mai divorziare nel senso pieno del termine, dovendo mantenere una forma di rapporto personale ed evitare che il conflitto coniugale invada l’area genitoriale. Per evitare eccessivi effetti negativi sui figli è necessario rinegoziare la relazione genitoriale, un atto di cui la coppia deve assumersi la responsabilità, instaurando rapporti reciproci, in        modo che i figli non vengano implicati nei loro dissidi e siano liberi di mantenere un rapporto profondo con entrambi.

La mediazione familiare è nata negli Stati Uniti negli anni Settanta e si è andata rapidamente diffondendo nei paesi anglosassoni e in quelli francofoni. La mediazione viene introdotta in Italia, ispirandosi al modello francese, qualche anno dopo rispetto ad altri Paesi, come conseguenza della sempre maggiore diffusione di modelli familiari nuovi, tuttavia la cultura della mediazione familiare non risulta ancora pienamente diffusa, probabilmente anche a causa di una inadeguata informazione culturale da parte delle istituzioni.

La mediazione familiare è un percorso negoziale,  non terapeutico, perché si propone di   affrontare gli eventuali problemi concreti che nascono intorno alla divisione dei beni, all’affidamento dei minori e alla loro educazione, all’assegnazione della casa coniugale.

Questa pratica facilita il ripristino della comunicazione rimuovendo gli ostacoli e le difficoltà, ampliando la rosa di opzioni fruibili, fornisce uno schema alternativo di risoluzione delle controversie, riafferma le responsabilità e i ruoli genitoriali cercando di escludere le dinamiche strettamente legate ai ruoli della coppia coniugale.

Chi attua la mediazione familiare invita gli ex coniugi a riappropriarsi del ruolo decisionale di genitori, offrendo loro una situazione di ascolto, di dialogo, di negoziazione con l’obiettivo di trovare un accordo sull’organizzazione della loro vita futura.

In questo tipo di intervento il mediatore entra a far parte della relazione tra le due parti in   conflitto, lasciando che siano le stesse a portare avanti il processo decisionale fino alla comprensione dei reciproci bisogni e giungere ad un accordo sentito come realmente voluto, attuabile e mutuabile, anziché delegare ad un terzo in sede giudiziale.

La negoziazione avviene su contenuti specifici formulati in modo preciso e attento, cominciando dai problemi meno gravi per finire con quelli più difficili, al fine di consolidare un clima di fiducia attraverso qualche piccolo successo iniziale. Si cerca di definire molto concretamente  i problemi, di promuovere atteggiamenti favorevoli alla risoluzione dei problemi stessi, valutando e scegliendo le possibili soluzioni su cui tentare di arrivare a fissare i termini e le condizioni di un accordo informale che, se necessario, verrà redatto in termini legali dai rispettivi avvocati.

In genere, le aree della controversia riguardano l’affidamento dei figli e i modelli educativi, l’impegno e la responsabilità che ognuno può prendersi per educarli e mantenerli, la gestione delle risorse economiche e materiali.

Molto importante risulta dare rilievo alla capacità di ciascun coniuge di fare progetti per il proprio futuro, necessari a distogliere la persona dalla rigidità conflittuale, lavorando sul recupero di risorse personali, perseguendo un benessere dell’individuo, necessario per l’assunzione delle responsabilità e dei compiti genitoriali. Anche se le emozioni, i  sentimenti, le personalità non diventano l’oggetto principale del lavoro, essi devono comunque essere considerati per il peso che possono avere nella formulazione di accordi e nella realizzazione del progetto.

Vanno quindi valorizzati funzioni e ruoli diversi, sottolineando l’importanza della relazione tra   il ruolo materno e quello paterno: questa può essere l’occasione per distinguere, forse per la prima volta, il ruolo coniugale e quello genitoriale, che spesso si sovrappongono piuttosto che procedere paralleli. Si arrivano a distinguere le realtà individuali, coniugali, genitoriali. Da questa chiarezza di solito emerge la figura del figlio in precedenza nascosta dalle difficoltà degli adulti, giungendo finalmente a considerarlo come individuo e riconoscere i suoi reali bisogni.

Sulla base di queste premesse, la separazione e il divorzio, per quanto dolorosi, possono essere vissuti non come la fine totale, ma come l’inizio di una nuova storia, forse più complicata, più difficile, ma possibile.